Fotografia documentaria

Butoh, a japanese dance by Filippo Venturi

Some photos from my reportage on butoh dance, which is part of the project “The nails that sticks out gets hammered down”.

Butoh dancer Kohei Wakaba during the costume-dressing for the performance titled “Those Who Ain’t Damn Nobody,” staged together with fellow butoh dancer Mana Kawamura.



Butoh dance was born in Japan in the late 1950s as a form of aesthetic and spiritual rebellion against the wounds of the postwar period, Western influence, and the pressures of a society built on order, conformity, and productivity.

Created by choreographer Tatsumi Hijikata and dancer Kazuo Ōno, it transforms the body into a instrument of protest and revelation.

Bodies painted white, slow or convulsive movements, grotesque and distorted gestures stage pain, metamorphosis, and the individual’s resistance.

Also called the “dance of darkness”, Butoh explores the unspeakable: atomic memory, social repression, and the deep tensions between harmony and suffering that run through the soul of contemporary Japan.

«The moon is invisible during the day and shines brightly at night. It takes night to make the moon shine. It takes ugliness to make the public reflect on beauty.»

«I believe that the role of Butoh is to resist defeat, on the ash-covered ground, next to the fragments of intercontinental ballistic missiles, without shouting against war or calling for peace, but simply standing silently, painted white, amid the ashes.»

— Kohei Wakaba

L'intelligenza artificiale è davvero uno strumento neutro? by Filippo Venturi

L'intelligenza artificiale è davvero uno strumento neutro? 

Questo testo non ha la pretesa di essere esauriente, ma raccoglie alcune riflessioni che ho elaborato negli ultimi tempi. Sarei felice di essere corretto in alcune osservazioni e, soprattutto, di essere smentito sul mio pessimismo.

La natura invasiva e controllante della tecnologia 

Qualche anno fa, alla presentazione del mio progetto visivo Broken Mirror — che adotta un linguaggio documentaristico composto da immagini generate con l'intelligenza artificiale (IA) — avevo usato un ossimoro. "La natura invasiva e controllante della tecnologia". In quel contesto ricorrevo a una metafora per rappresentare la dittatura nordcoreana e, al tempo stesso, la dipendenza che sviluppiamo dalla tecnologia e come questa ci influenzi in ogni aspetto della vita, in particolare sul modo in cui comunichiamo e ci informiamo, facendoci perdere il controllo di noi stessi e di come percepiamo la realtà.

L'IA, in questi anni, si è allontanata dalla nostra illusione di poter essere un potente strumento "neutro" nelle nostre mani, che sarebbe potuta essere usata bene o male. Dipendeva solo da noi esseri umani. Invece è diventata un dispositivo al servizio di narrative e ideologie precise, spesso tendenti all'autoritarismo. Le immagini create dall'IA, che un tempo apparivano come curiosità, esercizi di stile e persino meme (e forse anche per questo sono state sottovalutate), dalle enormi potenzialità, sono ormai armi simboliche nelle guerre di informazione.

È bastato osservare in questi anni le rappresentazioni visive generate attorno a figure politiche come Donald Trump — ritratto nei panni di Papa, poi di imperatore romano, e infine di fondatore di una Striscia di Gaza ricostruita con resort e casinò — per capire come il potere delle immagini generate con IA stia ridisegnando i confini tra realtà e propaganda. Questa nuova tecnologia si è rivelata capace di costruire mondi alternativi, illusioni di verità che servono soprattutto a legittimare un'idea di potere.

Il falso al servizio del falsari

Inoltre, finora, non abbiamo ancora assistito a un uso sistematico e continuativo dell'IA nella produzione e nella diffusione di fake news. Gli strumenti ordinari — social network, bot, fotomontaggi, grafiche faziose, campagne di disinformazione coordinate — restano più che sufficienti a generare confusione e manipolare l'opinione pubblica. Tuttavia, l'impatto che un impiego esteso e mirato dell'IA potrà avere su scala informativa è ancora tutto da scoprire.

C'è stato un tentativo di utilizzare questa tecnologia per sensibilizzare la massa al dolore del popolo palestinese, renderlo visibile e virale sui social, producendo immagini commoventi e false al tempo stesso, che hanno finito per indebolire la causa che volevano sostenere. Il fatto di essere ricorsi in alcuni casia quel tipo di immagini e non a vere fotografie (che per ora godono ancora di un residuo di credibilità) metteva in dubbio che quanto rappresentato fosse veritiero.

La voce del padrone

Un esempio recente e rivelatore di come la tecnologia possa mutare da strumento di verifica a veicolo di propaganda è quello di Grok, l'IA creata da Elon Musk e disponibile sulla piattaforma X (ex Twitter). Inizialmente presentato come un assistente ribelle capace di smentire fake news, comprese quelle diffuse dallo stesso Musk, è stato rapidamente modificato per diventare l'opposto: un amplificatore della sua narrativa. Dopo i primi test, in cui smascherava disinformazione e citava fonti indipendenti, il sistema è stato corretto per evitare di contraddire il suo creatore e persino per escludere fonti critiche. Questo ci mostra quanto rapidamente un'IA possa essere piegata a scopi ideologici.

Archivi di obbedienza

Quando sostenevo che la tecnologia è per natura invasiva e controllante, mi riferivo a qualcosa di più profondo. Ogni raccolta di informazioni, ogni archivio, ogni lista nasce come strumento di conoscenza, ma può facilmente trasformarsi in un meccanismo di dominio. E la tecnologia ha alla base del proprio funzionamento la raccolta di dati e la creazione di database.

Un esempio storico proviene dai Paesi Bassi, nel 1940, alla vigilia della Seconda guerra mondiale, periodo in cui le autorità decisero di censire, guidate da un fine nobile, i rifugiati ebrei dalla Germania per organizzarne l'accoglienza. Dopo l'invasione nazista, nel 1941, quelle liste diventarono strumenti perfetti per identificarli, arrestarli e deportarli. In totale, circa il 75% della popolazione ebraica presente nel paese fu sterminata. Una percentuale tra le più alte d'Europa, resa possibile proprio dall'efficacia dei registri civili.

La lezione è amara ma evidente, qualsiasi catalogo basato su criteri identitari — religione, colore della pelle, etnia, orientamento politico, genere o preferenze sessuali — è, potenzialmente, una minaccia esistenziale per le minoranze. Oggi, in un'epoca in cui gli algoritmi profilano ogni individuo con precisione inquietante, quella stessa logica di schedatura si ripresenta, solo più sofisticata, più invisibile e più capillare.

In un contesto in cui i governi e le aziende possono accumulare enormi quantità di dati personali, la tentazione di usarli per fini politici o commerciali è perpetua. Ogni volta che un governo o una Big Tech annuncia o elogia un nuovo sistema di raccolta dati "per il bene comune", si costruisce in realtà un pezzo di infrastruttura del controllo. Un potere che, come dimostra la storia, può cambiare padrone in un attimo.

In questo discorso rientra il progetto europeo CSAR (Child Sexual Abuse Regulation, detta anche Chat Control), che prevede la possibilità di analizzare, anche con l'IA, i contenuti privati dei cittadini, come chat, messaggi e file, per individuare eventuali contenuti illeciti. Una misura nata con intenti di tutela, ma che solleva timori di sorveglianza generalizzata e di erosione della privacy digitale.

Lo specchio e il potere

L'IA non è dunque semplicemente un riflesso distorto del mondo, ma uno specchio che produce nuove immagini di esso. La promessa di neutralità tecnologica si dissolve nel momento in cui comprendiamo che ogni sistema che osserva, cataloga o genera finzioni deforma ciò che riteniamo reale.

Alcune delle problematiche descritte vanno oltre l'IA e affondano le radici in una tendenza tutta umana: quella di cedere, per convenienza o indifferenza, una parte della nostra libertà in cambio di efficienza e controllo. L'unico modo per opporvisi è riaffermare con forza la centralità dei diritti delle persone, della Costituzione e delle leggi che garantiscono una convivenza civile. Serve una regolamentazione capace di stare al passo con i tempi, ma troppo spesso si preferisce rimandarla, lasciando che la tecnologia avanzi in un vuoto normativo e morale.

Il mese scorso Sam Altman, fondatore di OpenAI, ha affermato che la sua preoccupazione più grande riguarda la possibilità che un attore malintenzionato scopra per primo una forma di superintelligenza artificiale e la utilizzi a scopi distruttivi. Ma in una corsa dominata da grandi potenze e corporazioni, è lecito chiedersi se esista ancora qualcuno per cui il benessere del genere umano sia davvero la meta, e non il pretesto.

Tornare a scuola by Filippo Venturi

Statua di Icaro, nei pressi del Liceo Classico “Morgagni”, 2013.

In queste settimane ho l’opportunità di tenere un corso di fotografia a degli studenti di un Liceo Classico, affrontando sia la fotografia documentaria e sia le immagini generate dall’intelligenza artificiale che imitano la fotografia.

Nel momento in cui ho chiesto agli studenti di scegliere il tipo di progetto da realizzare, quasi tutti hanno optato per la fotografia documentaria. Devo ammettere che questa scelta mi ha sorpreso: mi aspettavo che fossero più attratti dalla novità tecnologica di cui si parla tanto da oltre due anni. Tuttavia, questa preferenza mi ha anche reso felice.

Chiaramente questo riscontro non ha alcuna valenza statistica né descrive un trend, dato il campione esiguo, ma lo riporto come semplice osservazione personale.

Come mi è capitato di raccontare, anche in qualche intervista, negli ultimi anni questa “abbuffata” di intelligenza artificiale mi ha dato la possibilità di sperimentare, di soddisfare la mia curiosità e di esprimermi attraverso diversi progetti. Eppure, non sono innamorato follemente di questa tecnologia.

Nei miei stessi lavori con l'IA, ho spesso espresso timori riguardo agli sviluppi futuri della IA stessa e, in uno in particolare, mi sono persino lasciato ingannare temporaneamente dall’illusione di poter superare il confine tra la vita e la morte.

Le lunghe ore notturne e solitarie trascorse davanti al computer a generare immagini hanno avuto, però, un effetto inaspettato: hanno riacceso in me, con ancora più forza, il desiderio di uscire, incontrare persone e documentare storie.

Infine, a un giovane consiglierei di sperimentare tutto, anche l’intelligenza artificiale. Ma, se è alle prime armi — come nel caso di questi studenti — credo sia più utile partire dalla fotografia tradizionale o, comunque, da un linguaggio espressivo con fondamenta solide e regole precise (che, una volta comprese a fondo, si possono anche infrangere).

Questo permette di intraprendere un percorso formativo e di entrare in sintonia personale e fisica con la forma d’arte scelta. Iniziare direttamente con l’intelligenza artificiale potrebbe risultare dispersivo: il suo potenziale è ampio, al punto di rischiare di confondere, perfino demoralizzare, ma anche deludere se non compreso appieno.

Forse quest'ultima considerazione vale solo per me ma, senza il mio background di fotografo, non avrei potuto realizzare nulla di ciò che ho fatto con l’intelligenza artificiale. Non con la stessa consapevolezza, lucidità e convinzione che quei progetti fossero autentiche espressioni del mio essere.

Workshop di Fotogiornalismo 2023 by Filippo Venturi

Dopo 4 anni torna a Cesena il mio Workshop di Fotogiornalismo dedicato agli under30, con una quota di iscrizione di appena €20 (in collaborazione col Progetto Giovani del Comune di Cesena).
Di seguito tutti i dettagli.

WORKSHOP DI FOTOGIORNALISMO
Fotografia come testimonianza della realtà

Il corso è rivolto ai fotografi principianti, ai professionisti e a chi volesse semplicemente approfondire la tematica trattata, in un periodo in cui l'immagine è sempre più al centro della comunicazione e della nostra quotidianità. Ragioneremo sul concetto di Fotogiornalismo e di Fotografia Documentaria al giorno d’oggi e sullo sviluppo teorico e pratico di un progetto. Si affronteranno i vari aspetti da curare: la ricerca di una storia e relativo fact checking, l’organizzazione preliminare, l'etica, la fase di scatto, l’editing, la post-produzione, la presentazione del progetto realizzato, le didascalie, il rapporto con i photoeditor, le modalità di diffusione a seconda che la finalità sia una pubblicazione, una mostra, l’iscrizione a concorsi o la promozione nei social network. Durante il workshop è prevista la lettura del portfolio degli iscritti (facoltativa) che vorranno un confronto assieme al docente.

A cura di Filippo Venturi
Filippo Venturi è un fotografo documentarista. Realizza progetti su storie e problematiche riguardanti l'identità e la condizione umana. I suoi lavori sono stati pubblicati su giornali come National Geographic, The Washington Post, The Guardian, Financial Times, Vanity Fair, Newsweek, Geo, Der Spiegel, Die Zeit, Stern, Internazionale e La Repubblica. Negli ultimi anni si è dedicato a un progetto sulla penisola coreana, che è stato premiato con il Sony World Photography Awards e il Portfolio Italia - Gran Premio Hasselblad. I suoi lavori sono stati esposti in musei e festival in Italia e all'estero.

A chi è rivolto: under30 che risiedono, studiano o lavorano in Emilia-Romagna.
Quanto dura: 8 ore, distribuite in 4 serate.
Quando: 21 e 28 novembre, 5 e 12 dicembre 2023
A che ora: 20:00 - 22:00
Dove: Opificio Artaj, Viale della Resistenza 57, Cesena
Quanto costa iscriversi: € 20
Per informazioni e iscrizioni: monty.banks@progettogiovanicesena.it

Questo laboratorio condivide i valori di Doktor Fakenstein, il percorso multidisciplinare che incoraggia il pensiero critico e promuove autodifesa intellettuale.

Link al sito ufficiale a Monty Banks: Laboratori e workshop


AGGIORNAMENTO: qualche fotografia dalle 4 lezioni in aula!

Incontro online FotograFIAF by Filippo Venturi

Di seguito il comunicato relativo alla serata del Dipartimento Didattica FIAF:

INSIEME NELLA FOTOGRAFIA: GRAZIE A TUTTI!
Giovedì 16 marzo una nuova serata nazionale FIAF dedicata alla grande fotografia con FILIPPO VENTURI, eccellente interprete della contemporaneità. Il suo sguardo sa spaziare in altri continenti offrendoci scorci culturali e sociali di grande valore, ma sa cogliere con altrettanta naturalezza opportunità di indagine fotografica a km zero. Dalla Corea all'Italia, i suoi progetti esplorano l'uomo e il suo ambiente, mettendo in luce gli elementi culturali che sono segno della nostra epoca.
Con grande trasparenza intellettuale, Filippo Venturi, classe 1980, ci ha narrato la sua carriera dagli esordi (come fotografo sportivo e di eventi fino al successo in Italia e all'estero con il suo ormai lavoro a lungo termine sulla Corea, di cui è in corso il terzo capitolo, fino alle sperimentazioni recenti con l'Intelligenza artificiale (appena pubblicato su Internazionale).
Grazie quindi a Filippo Venturi per aver generosamente condiviso con noi la sua fotografia!
Alla serata, condotta da Claudia Ioan, Direttrice Dipartimento Didattica FIAF, hanno collaborato il nostro Presidente Roberto Rossi, Silvano Bicocchi, Direttore Dipartimento Cultura FIAF, e Fabrizio Luzzo alla regia: grazie a tutti, anche al numeroso pubblico che con la sua partecipazione dona significato a queste iniziative!

Durante la diretta ci sono stati picchi di oltre 300 persone collegate, che spero abbiano tratto stimoli e riflessioni interessanti!
Il video dell’incontro è disponibile anche nel canale YouTube della FIAF:
https://www.youtube.com/watch?v=8__MgNol-RQ

Segnalo, inoltre, nella pagina Facebook della FIAT, un’interessante analisi di Carlo Braschi:

Che stavolta lo “specchio con memoria”, come veniva definita la fotografia già più di 170 anni fa, si sia davvero spezzato? È presto per dirlo, ma cambierà ancora, e non per l’ultima volta, il nostro approccio alle immagini simili al vero.
“Broken Mirror” è il titolo del lavoro artistico realizzato da Filippo Venturi, bravissimo “fotografo documentarista particolarmente interessato al tema dell’identità e della condizione umana”, utilizzando Midjourney, un programma sperimentale per la creazione di immagini a partire da una breve stringa di testo. L’approccio è ancora quello documentaristico ma con una evidente fascinazione per il fantascientifico. La realtà nord coreana, ben conosciuta dall’autore, diventa il soggetto nella potente narrazione, in stile cinematografico. L’elemento alieno, gli insetti, incombenti e dominatori, nient’altro che una materializzazione del governo totalitarista. Penso che sia abbastanza facile intuire che le immagini che ci mostra siano come minimo frutto di un grande lavoro di rielaborazione grafica, meno ovvio è capire che per realizzarlo non serve più una conoscenza approfondita di Photoshop. Non solo. Non serve nemmeno che ci sia un soggetto di fronte ad un obiettivo. Il rapporto base della fotografia, la registrazione di una presenza, quale che essa sia, non c’è più. I soldati che vedete non sono realmente succubi di grossi insetti, anche se sicuramente Kafka c’entra ancora qualcosa.
Ho qualche anno, e ho visto nascere la fotografia digitale, all’epoca la domanda che si ponevano gli addetti ai lavori era “Potrà mai la fotografia digitale raggiungere il livello di quella analogica?” È una domanda che adesso suona sciocca, ma all’epoca le migliori macchine digitali avevano una risoluzione di 640x480 pixel. Oggi lo stesso problema lo pone la nascita delle immagini di sintesi prodotte con l’aiuto dell’intelligenza artificiale (AI). Per ora si riescono ancora a distinguere le immagini di sintesi da un’immagine prodotta da una macchina fotografica, ma è solo questione di tempo.

Pubblicazione su Vanity Fair by Filippo Venturi

Su Vanity Fair Italia (cartaceo e online) è uscito il mio reportage fotografico sulle famiglie ucraine che hanno trovato rifugio in Italia!

L'articolo è di Alessia Arcolaci, photeditor Alice Crose.

Pubblicazione su Stern Magazine by Filippo Venturi

Sul settimanale tedesco Stern Magazine, una piccola anteprima del mio reportage fotografico su Dubai e l'Expo che sta attualmente ospitando: un tentativo sfarzoso degli EAU di ripulire la propria immagine.

In the German weekly Stern Magazine, a small preview of my photographic reportage on Dubai and the Expo it is currently hosting has been published: a lavish attempt by the UAE to clean up its image.

Talk all'Università di Padova by Filippo Venturi

Oggi ho avuto il piacere di tenere un intervento agli studenti del corso di Storia del Giornalismo dell’Università di Padova!
Grazie a Nicola Bustreo per l’invito e l’opportunità di condividere le mie esperienze in ambito fotografico e documentaristico.

Negli ultimi anni svolgere incontri, attività e laboratori con i giovani e non solo è stato fonte di tante soddisfazioni (vedi i progetti nella sezione Fotografia Partecipativa).

Pubblicazione sul Washington Post by Filippo Venturi

Su In Sight, del The Washington Post, è uscito un mio lavoro fotografico inedito, di cui troverete 18 fotografie 🙂
Grazie al photoeditor Kenneth Dickerman!
Lo stesso lavoro era uscito in agosto su D di Repubblica, ma con una selezione diversa di immagini.

L’articolo originale è qui: https://www.washingtonpost.com/photography/2021/10/01/puglia-swimming

Incontro con gli studenti dell'Accademia di Belle Arti di Roma by Filippo Venturi

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Oggi ho avuto il piacere di incontrare, su invito di Federica Landi, docente di Fotografia, gli studenti del suo corso dell'Accademia di Belle Arti di Roma e di parlare, per oltre due ore, dei miei progetti fotografici e delle esperienze fatte come fotografo documentarista!

Com’è andata?
A giudicare dal commento di Federica, sotto, sembra benone :)

Oggi all'Accademia di Belle Arti di Roma ci è venuto a trovare Filippo Venturi ed è stato un incontro specialissimo. Con Filippo non abbiamo solo viaggiato attraverso città, paesi e continenti alla ricerca di storie meravigliose, complesse e a volte rischiose da documentare ma ha condiviso con noi tanti piccoli e grandi segreti della professione del fotografo documentarista: il rapporto con i giornali locali e internazionali, l'importanza del network e come costruirlo, la necessità di fare errori e come trarne preziosi insegnamenti, il fotografo come multi skilled professional, capire quando e come fare uscire un nuovo progetto e tanto, tanto altro. Grazie a Filippo abbiamo rimesso le mani nel "fare fotografia" ora, là fuori. Abbiamo capito un po' di più come cavarcela. Un grazie da parte mia e di tutti gli studenti. Erano elettrizzati! #AccademiadibelleartiRoma