He looks like you

He looks like you al Fotografia Calabria Festival 2024! by Filippo Venturi

Il mio lavoro “He looks like you”, su mio figlio e mio padre - basato su fotografie, fotografie d’archivio, ecografie 3d e immagini generate con l’intelligenza artificiale - sarà esposto al Fotografia Calabria Festival, a San Lucido (CS), dal 26 luglio al 25 agosto 2024!

Questa terza edizione del festival ha come tema “Fotografia di Famiglie”, un genere che mi sta molto a cuore, specie quando viene indagato in modo autoriale.

Il festival, sotto la direzione artistica di Anna Catalano, prevede le mostre di fotografi/e che stimo e che non vedo l'ora di conoscere e ascoltare :)

Pierluigi Ciambra, LULLABY AND LAST GOODBYE
Noemi Comi, ALBUM DI FAMIGLIA
Franzi Kreis, GENERAZIONE BETA
Josh Kern, RÄUBER
Carole Mills Noronha, THE PLACE HE GOES
Catherine Panebianco, NO MEMORY IS EVER ALONE
Hyun-min Ryu, KIM SAE-HYUN
Tim Smith, IN THE WORLD BUT NOT OF IT
Sofia Uslenghi, MY GRANDMA AND I
Filippo Venturi, HE LOOKS LIKE YOU

www.fotografiacalabriafestival.it


Fotografia di famiglie è il tema e il titolo di Fotografia Calabria Festival 2024. Una scelta non casuale in cui singolare e plurale non hanno solo un senso grammaticale, ma anche sociale.

Anche quest’anno si torna ad indagare la fotografia come linguaggio della contemporaneità, questa volta declinato sul tema della famiglia e delle sue rappresentazioni. La fotografia come strumento che ci permette di riflettere sul presente, sui rapporti profondi e a volte complessi che nascono nelle famiglie, ma che sono in grado di esistere e di resistere anche oltre i legami biologici. La fotografia come linguaggio che in tantissime famiglie, di ogni parte del mondo, viene utilizzato per fissare momenti, per mantenere vivi emozioni e sentimenti, per custodire piccole storie.

La fotografia come medium per riscoprire e riappropriarci di tutti quei momenti che spesso restano cristallizzati in un album lasciato in qualche mobile di casa, ma che riaccende la nostra memoria appena ne sfogliamo le pagine.

Fotografia di famiglie indaga questo universo fatto di emozioni e di memorie, non solo digitali, trattando i temi della malattia, delle relazioni tra parenti - anche con l’intelligenza artificiale, inevitabile specchio del nostro tempo - e le storie di tutte quelle famiglie che si discostano dai modelli tradizionali e che esistono al di là dei legami di sangue. 

Anna Catalano
Direzione Artistica

Articolo sull'Intelligenza Artificiale (parte 2) su FOTOIT by Filippo Venturi

Nel numero di febbraio 2024 di FOTOIT, nella sezione Saggistica, è uscito il mio secondo articolo sull’intelligenza artificiale, dove racconto i lavori che ho realizzato con l’aiuto di questa tecnologia! In particolare approfondisco l’idea alla base e il conseguente sviluppo dei miei progetti “Broken mirror”, sulla dittatura nordcoreana, e “He looks like you”, sulla mia famiglia.

Intervista su Arte.Go by Filippo Venturi

Sul sito Arte.Go è uscita una mia intervista a cura di Francesca Piperis, in cui si parlo dei miei progetti, compresi quelli realizzati con l’intelligenza artificiale, come “Broken mirror”, “He looks like you” e “AI and prejudice”, nei quali tocco tematiche a me care o che seguo da anni, come il vivere sotto una dittatura, la mia famiglia e i pregiudizi che limitano le libertà e i diritti di gruppi di persone.

Qui l’articolo originale: L’Intelligenza Artificiale come metafora fotografica. Intervista a Filippo Venturi


Critica sociale, creatività ed impegno politico, tre differenti dimensioni che trovano un punto d’incontro nelle opere di Filippo Venturi, fotografo documentarista italiano particolarmente interessato alla denuncia di oppressioni dittatoriali e alla difesa delle minoranze a livello globale, anche servendosi di strumenti inusuali per il suo ambito d’azione, come l’AI.

Attraverso i software di intelligenza artificiale Venturi plasma elementi che acquisiscono valore durante il processo di inserimento all’interno dei suoi progetti fotografici. L’introduzione nelle fotografie di componenti artificiali quali gli insetti di Broken Mirror – a simboleggiare le forme di oppressione sul popolo nordcoreano – equivale ad un valore aggiunto che difficilmente potrà essere scambiato per “scorciatoia”.
L’artista, infatti, descrive le fasi ed il tempo di concepimento delle sue produzioni in maniera dettagliata, dimostrando il grande impegno necessario per l’esercizio di queste nuove tecnologie. Numerose sono le pubblicazioni, gli incontri e i workshop riguardanti l’evoluzione dell’AI nell’ambiente artistico e fotografico che lo vedono protagonista, a dimostrazione del fatto che Venturi è in prima linea nella difesa di questi mezzi rivoluzionari, che certo nascondono alcune problematiche.

L’intervista

[Francesca Piperis]: Lei nasce come fotografo documentarista, legato quindi alla rappresentazione fattuale di eventi ed ambienti appartenenti alla realtà contemporanea. In che modo è giunto all’utilizzo di strumenti AI, che invece alterano la veridicità delle immagini?

[Filippo Venturi]: Oltre a essere un fotografo documentarista da ormai 13 anni, in una vita precedente mi sono laureato in Scienze dell’Informazione e quindi, per un certo periodo, ho lavorato come informatico. Di quegli anni mi è rimasta la curiosità e l’attenzione verso le novità tecnologiche, soprattutto quelle legate alle immagini. Quando nel corso degli ultimi anni i software generativi di immagini, che utilizzano l’intelligenza artificiale, hanno iniziato a poter imitare la fotografia, ho trovato la cosa molto affascinante, ma anche inquietante. Le immagini generate possono, appunto, imitare la fotografia e, nel caso di quelle fotogiornalistiche o documentaristiche, sfruttarne la credibilità. Da un lato questo è positivo perché, sebbene possa sembrare assurdo detto da uno che fa il mio mestiere, la fotografia ha goduto spesso di troppa credibilità e quindi iniziare a dubitare, a verificare, a confrontare le fonti, anche quando si parla di fotografia, è importante. Dall’altro lato però c’è il rischio che questa credibilità si perda completamente e questo sarebbe un eccesso nella direzione opposta. Quando ho iniziato a utilizzare questi strumenti, che sfruttano l’intelligenza artificiale, l’ho fatto per comprenderli, per poterci ragionare sopra e anche per generare riflessioni sul ruolo della fotografia, su come potranno convivere fotografie e immagini generate, sui rischi che ne conseguono, ma anche sulle potenzialità che questa nuova tecnologia offre.

Questa sua esigenza di raccontare la realtà in maniera fotografica scaturisce da eventi o fatti specifici della sua vita personale?

Confesso che dietro il mio approccio alla fotografia e alla necessità di raccontare storie vere, non c’è qualche ricordo o aneddoto romantico, magari legato a qualche familiare che mi abbia trasmesso questa passione. Nel mio caso è stato un processo spontaneo. Probabilmente, a un certo punto della mia vita, avevo la necessità di trovare un mezzo, un linguaggio, con cui esprimere i miei sentimenti e anche la mia parte più creativa e autoriale, e la fortuna ha voluto che incontrassi la fotografia!

Le va di descrivere le fasi di “concepimento” e successiva realizzazione della sua opera Broken Mirror? Quale riscontro ha avuto sul pubblico? Ritiene che l’AI le abbia permesso di raccontare in maniera efficace la sua idea iniziale?

La generazione di immagini ha un enorme potenziale: avrei potuto sbizzarrirmi e tentare qualunque strada. Anche improvvisarmi un fumettista, ad esempio. Quando però ho ragionato su quale progetto avrei potuto sviluppare, sono tornato alle tematiche a me care e che conosco meglio. Non volevo usare l’intelligenza artificiale soltanto come una scorciatoia, ma volevo che fosse concettualmente rilevante all’interno del progetto visivo che stavo sviluppando. In uno di questi lavori ho provato a raccontare in un modo diverso la dittatura totalitaria che caratterizza la Corea del Nord, un paese che avevo già visitato e raccontato come fotografo documentarista. Questo lavoro si intitola Broken Mirror e utilizza un linguaggio simile al mio.
L’idea alla base consiste nell’inserire nella vita quotidiana dei nordcoreani un elemento alieno e destabilizzante. Ho scelto di inserire degli insetti, dei ragni e altro ancora, che gradualmente aumentano in quantità e dimensione, fino a prendere il controllo completo sulla popolazione. Ad un certo punto i nordcoreani stessi iniziano a trasformarsi in questi insetti giganti, diventando le creature che temevano, e questo simboleggia il completamento della sottomissione. Generare le immagini, così come le avevo pensate e descritte col prompt, ha richiesto migliaia di tentativi e molta frustrazione. Il processo creativo era in gran parte affidato all’intelligenza artificiale. La selezione delle immagini era però un compromesso fra ciò che volevo ottenere e ciò che mi veniva proposto. Spesso non ho ottenuto quello che volevo. Altre volte l’intelligenza artificiale ha inserito elementi inaspettati che però ho scelto di tenere. Durante questo processo, ho realizzato che la metafora che avevo utilizzato non rappresentava soltanto la dittatura totalitaria nordcoreana, ma rappresentava la tecnologia stessa. In particolare la sua natura invasiva e controllante. Col mio lavoro ho quindi sfruttato le nuove potenzialità che l’intelligenza artificiale offre, per esprimere un timore che ho nei suoi confronti. Questo progetto è stato accolto con molto interesse, anche nel mio settore, quello fotogiornalistico, dove tendenzialmente c’è diffidenza e timore verso questa nuova tecnologia. La mia onestà verso l’osservatore – fondamentale anche quando utilizzo soltanto la fotografia – è stata sicuramente utile nel trovare ascolto, ma anche il tempismo ha giocato a mio favore visto che, a inizio anno, non c’erano molti progetti sviluppati con questa nuova tecnologia.

A differenza della precedente, l’opera fotografica He looks like you è profondamente personale, racconta infatti uno spaccato della sua vita molto commovente e si potrebbe dire distante dal quel filone “documentaristico”. Come nasce l’idea di raccontare di sé in modo così intimo all’interno della sua produzione?

A febbraio di quest’anno sono trascorsi esattamente dieci anni dalla scomparsa di mio padre Giorgio. Mio figlio Ulisse ne ha soltanto 5 e quindi non ha mai potuto conoscerlo. Questo rappresenta per me un grande rammarico. In quelle settimane ho tentato di creare delle immagini, fornendo al software generativo delle autentiche fotografie, così da tentare di ottenere una estensione dei miei album fotografici di famiglia. Desideravo vedere mio padre e mio figlio conoscersi, giocare insieme e vivere quei momenti che non hanno mai potuto condividere. Avrei potuto realizzare questo progetto ricorrendo a soluzioni già note, come ai fotomontaggi oppure alle illustrazioni, ma non sarebbe stata la stessa cosa perché avrei avuto il pieno controllo su ogni aspetto. Quando il software generativo crea l’immagine, si basa sugli input che gli si forniscono, ma in gran parte improvvisa tutti quei dettagli e quelle informazioni che invece non gli vengono date. Per spiegarmi meglio, io davo al software delle fotografie di mio padre e mio figlio e gli chiedevo di generare immagini dove quell’uomo e quel bambino giocassero assieme, ma non avevo la possibilità (per motivi diversi, compreso il fatto che questi software sono ancora acerbi) di definire ogni dettaglio e quindi, quando l’immagine veniva generata, io stesso venivo sorpreso dal risultato. Le posture, i contatti fra i corpi, la direzione in cui guardavano i volti e tanto altro erano imprevedibili. Assistevo quindi a una sorta di magia e l’imprevedibilità che caratterizzava queste immagini potevo confonderla con l’autenticità; questo mi faceva “sentire” quelle immagini ad un livello molto profondo. Chiaramente sapevo che stavo osservando momenti mai avvenuti, in luoghi mai esistiti, ma potevo abbandonarmi alla fede verso quelle immagini per qualche istante e trarne una forma di beneficio.

Uno dei progetti che maggiormente riflette le problematiche sociopolitiche attuali è sicuramente AI and prejudice. La disparità di genere, infatti, è da anni alimentata dagli algoritmi di software AI programmati al fine di censurare qualunque allusione (sessuale e non) alla nudità femminile. Ritiene che la lotta per la gender equality possa essere supportata in futuro dagli strumenti intelligenti o questi ultimi continueranno ad ostacolare questo tipo di emancipazione?

Potenzialmente questi strumenti possono essere utilizzati a fin di bene, ma è necessario che questa volontà venga sostenuta e promossa. Oggi credo sia difficile prevedere se saranno più gli effettivi benefici oppure se i problemi già presenti saranno amplificati da questi strumenti. È innegabile che le intelligenze artificiali soffrano di bias – soprattutto verso minoranze e gruppi che già sono bersaglio di pregiudizi e che lottano per veder riconosciuti i propri diritti – ma sono combattuto sul da farsi. Mantenere questi pregiudizi ci ricorda che questi problemi esistono. Rimuoverli dalle intelligenze artificiali renderebbe più giusto il mondo digitale e virtuale, ma potrebbe anche falsare la nostra percezione e convincerci che siano stati risolti anche nel mondo reale e farci quindi abbassare la guardia. Si tratta di una battaglia che deve essere affrontata anche da chi non è vittima di queste tendenze (o magari ne è persino privilegiato), ma se queste persone non vivono le problematiche sulla propria pelle e non le percepiscono più come attuali, c’è il rischio di indebolire la presa di coscienza e il movimento intero.

In alcune delle sue opere ha utilizzato il software AI Midjourney, ritiene che dal punto di vista della prestazione generativa possa sostituire o affiancare strumenti di renderizzazione di immagini digitali? Crede che vi siano delle parti o funzionalità della piattaforma che necessitano di miglioramenti o cambiamenti radicali?

In futuro non escludo che Midjourney e altri software analoghi possano sostituirsi a molti strumenti, compresi quelli di renderizzazione. In certi momenti sembra che si tratti soltanto di pochi mesi o anni per evoluzioni strabilianti, ma a volte ho la sensazione che i tempi saranno più lunghi. Tornando a Midjourney, proprio in queste ore è uscita la versione 6 e, pare, che certe cose date per assodate non siano più così solide, come ad esempio la composizione del dataset dato in pasto all’intelligenza artificiale per l’apprendimento e il fatto che questo tenga traccia delle immagini, anche coperte dal diritto d’autore. Molte sono le polemiche riguardo il suo utilizzo, attualmente. Citando Il Nome della Rosa di Umberto Eco, concludo dicendo che “per non apparire sciocco dopo, rinuncio ad apparire astuto ora. Lasciami pensare sino a domani, almeno”.

Sono numerosi, ad oggi, i pregiudizi riguardanti l’utilizzo autoriale dell’intelligenza artificiale. Questi nuovi strumenti faticano a normalizzarsi nell’ambito artistico, ha mai avuto problemi per il riconoscimento effettivo della paternità delle fotografie “artificiali”, per così dire?

Anche questa materia è ancora in fase di definizione e credo che occorrerà ancora tempo prima di avere norme a livello europeo, e non solo, che regolino questi aspetti, come il diritto d’autore. Quelle volte in cui mi è capitato di pubblicare le immagini generate con l’intelligenza artificiale sui giornali, come ad esempio sul settimanale Internazionale, non ho avuto alcun problema nel farmi riconoscere la paternità delle stesse e nel farmi retribuire per il mio apporto. Come spiegavo quando parlavo del progetto Broken Mirror, ottenere ogni immagine che lo compone ha richiesto migliaia di tentativi e nel complesso ho stimato circa 70 ore di lavoro al computer, nelle quali mi sono impegnato a immaginare e descrivere quali situazioni visive generare, a individuare dei riferimenti visivi, metaforici e simbolici che fossero utili al tema del progetto e, infine, quali risultati selezionare e quali scartare. Spesso il lavoro consisteva nel modificare, correggere e ritentare. A parer mio, se si ha un’idea o un messaggio da trasmettere e si usa lo strumento adatto per veicolarlo o per stimolare riflessioni, allora il tempo dedicatogli ha un valore, anche autoriale. Qualcuno vede nella rapidità del generare un’immagine con un’intelligenza artificiale l’assenza di questo valore. Scattare una fotografia è ancora più semplice e veloce, ma oggi quasi tutti riconoscono ad un progetto fotografico riuscito una complessità, una ricerca e una chiarezza di intenti che sono completamente slegati dalla rapidità del premere il tasto della fotocamera. In futuro mi aspetto che anche i progetti realizzati con questa nuova tecnologia, quelli riusciti intendo, vedranno riconosciuto l’aspetto autoriale.

In merito ai numerosi workshop, quali sono gli argomenti (legati certo allo sviluppo dell’intelligenza artificiale) che maggiormente tratta all’interno dei suoi incontri? Su quali problematiche o funzionalità intelligenti si sofferma maggiormente?

In generale svolgo corsi e workshop sul fotogiornalismo e sulla fotografia documentaria. Da quando abbiamo a che fare con i software generativi che sfruttano l’intelligenza artificiale, ho creato nuovi corsi che descrivono la differenza abissale di approccio e sviluppo di un progetto di fotografia documentaria da quello realizzato con l’intelligenza artificiale. Da qui approfondisco poi le possibili problematiche provocate dall’inevitabile convivenza di fotografie e immagini generare. Ragiono con gli studenti e insieme confrontiamo le nostre riflessioni su come la narrazione visiva possa essere compromessa oppure arricchita da questa nuova tecnologia. Porto e analizzo alcuni casi di studio molto interessanti avvenuti negli ultimi anni e in questi mesi. Non è raro che io stesso impari qualcosa dai miei studenti, in questi corsi dove ci interroghiamo sul futuro della realtà, su come questa potrà essere testimoniata, raccontata e, in certi casi, alterata.

Concludendo le chiedo se consiglierebbe ad un giovane artista/fotografo interessato alla sperimentazione fotografica, di tentare un approccio sperimentale all’AI, in modo da padroneggiare gli strumenti che a tutti gli effetti rappresentano forse il futuro della produzione artistica.

Ad un giovane che crea e lavora a livello visivo, consiglierei di sperimentare tutto, anche l’intelligenza artificiale. Se fosse alle prime armi, però, gli consiglierei di partire da un mezzo e un linguaggio ben definito, come la fotografia (ma non solo). Partire con l’intelligenza artificiale potrebbe risultare dispersivo: ha un potenziale così elevato da poter anche confondere e demoralizzare. Avere invece dei confini ben precisi, aiuta nel seguire il proprio percorso di crescita e, ad un certo punto, a varcare quei confini.

Best 9 Instagram 2023 by Filippo Venturi

Anche quest’anno il mio best 9 di Instagram (cioè i miei post che hanno suscitato più interesse) sono una buona traccia per ricordare gli avvenimenti, che mi hanno toccato direttamente, più importanti dell’anno che volge al termine!

Ci sono 4 fotografie con cui ho documentato l’alluvione che ha colpito la mia regione, in particolare di Cesena e Forlì. Ci sono 4 immagini generate con l’intelligenza artificiale. C’è una fotografia molto tenera scattata a Seoul sul finire del 2022, ma pubblicata nel 2023.

Entrando nel dettaglio:

- La fotografia scattata a Seoul risale all’ennesimo mio viaggio nella penisola coreana, in cui ho portato a termine il terzo capitolo del mio progetto intitolato “Awakenings”, dove racconto e raccolgo le testimonianze dei nordcoreani che sono fuggiti dal regime totalitario e che oggi vivono in Corea del Sud. Info: https://t.ly/qqTMp

- Delle 4 fotografie con cui ho documentato l’alluvione: una mostra i ragazzi della comunità senegalese che sono intervenuti per aiutare i propri amici che vivono in uno dei quartieri più colpiti, ma anche gli abitanti più anziani. Sono felice di essere arrivato proprio al momento giusto, per fotografare e smentire certi luoghi comuni che si stavano diffondendo persino durante un momento così drammatico. Una seconda fotografia mostra tracce di mani infangate all’interno di una abitazione cesenate. Un’altra mostra un campetto da basket allagato e infine c’è una catasta di libri da cui ne spuntava uno il cui titolo richiama l’ultimo verso dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri: “e quindi uscimmo a riveder le stelle”. Io non ho modificato la situazione, chi ha ammassato quei libri probabilmente aveva per la testa cose più importanti che disporre quel libro in quella posizione, quindi si è trattato di una coincidenza curiosa e, in qualche modo, incoraggiante. Qui trovate altre mie fotografie dell’alluvione: https://t.ly/Q6d3b.

- Delle 4 immagini generate con l’intelligenza artificiale: una mostra la mia prima pubblicazione di questo tipo, sul settimanale Internazionale, con immagini tratte dal mio lavoro Broken Mirror; qui maggiori info: https://t.ly/360q_. Un’altra mostra mio padre Giorgio e mio figlio Ulisse passare del tempo insieme, nonostante non abbiano mai avuto l’occasione di conoscersi. Il lavoro completo si intitola He looks like you; qui maggiori info: https://t.ly/VX2ms. La terza è sempre tratta da Broken Mirror; qui maggiori info: https://t.ly/360q_. Infine, la quarta, è tratta da una provocazione che ho voluto fare, generando le ipotetiche immagini che avrebbero potuto vincere tutte le edizioni del World Press Photo, il principale premio rivolto ai fotogiornalisti; maggiori info qui: https://t.ly/oCGXs.

He looks like you (AI) by Filippo Venturi

HE LOOKS LIKE YOU (AI)

(Work done with the use of artificial intelligence, 2023)

[il testo in italiano è sotto]

The images in this project depict my father Giorgio and my son Ulisse playing and sharing moments and experiences. They are, however, false memories. My father died five years before my son was born and so they were never able to meet. In 2023, on the 10th anniversary of Giorgio's passing, I wanted to create this small family album that combines authentic and artificial photographs (created based on real ones).
These images were generated with the use of artificial intelligence (A.I.), creating moments that never existed, in places that will never be reachable. An attempt to find consolation and overcome the frontiers of existence through art and technology, generating images that blend illusion, dream and memory.
The choice to use A.I. obviously deprived me of complete control over the final result: after providing as input some photographs and a textual request to represent Giorgio and Ulisse, I entrusted much of the creative process to the software, which processed the data completely autonomously, including misunderstandings, errors and imperfections.
In the artificial photographs, which were generated hundreds of times, Giorgio and Ulisse often look very different, sometimes the A.I. reverted my father back to the age of a child, but this did not prevent me from recognizing them thanks to some realistic details, such as facial features, wrinkles, my father's corpulent physique or whatever.
All this generated a kind of distance between me and the generated images (certainly more than there would have been if I had resorted to photomontages or illustrations), in which authenticity and unpredictability seem to blur, placing them in a limbo between reality and fiction, which I was able to believe and, in some ways, benefit from.

Le immagini di questo progetto raffigurano mio padre Giorgio e mio figlio Ulisse mentre giocano e condividono momenti ed esperienze. Si tratta però di falsi ricordi. Mio padre è morto cinque anni prima che mio figlio nascesse e quindi non si sono mai potuti incontrare. Nel 2023, al decimo anniversario dalla scomparsa di Giorgio, ho voluto creare questo piccolo album di famiglia che unisce fotografie autentiche e artificiali, queste ultime create basandosi su quelle reali.
Queste immagini sono state generate con l'uso di un'intelligenza artificiale (I.A.), creando momenti che non sono mai esistiti, in luoghi che non saranno mai raggiungibili. Un tentativo di trovare consolazione e di superare le frontiere dell'esistenza attraverso l'arte e la tecnologia, generando immagini che fondono illusione, sogno e ricordo.
La scelta di utilizzare l'I.A. mi ha ovviamente privato del controllo completo sul risultato finale: dopo aver fornito in input alcune fotografie e la richiesta testuale di rappresentare Giorgio e Ulisse, ho affidato gran parte del processo creativo al software che ha elaborato i dati in modo del tutto autonomo, inserendo anche fraintendimenti, errori e imperfezioni.
Nelle fotografie artificiali, generate centinaia di volte, spesso Giorgio e Ulisse appaiono molto diversi, a volte l’I.A. ha riportato mio padre all’età di un bambino, ma questo non mi ha impedito di riconoscerli grazie ad alcuni dettagli realistici, come i lineamenti del viso, le rughe, il fisico corpulento di mio padre o altro.
Tutto questo ha generato una sorta di distanza tra me e le immagini generate (sicuramente più di quanta ce ne sarebbe stata se fossi ricorso ai fotomontaggi o alle illustrazioni), in cui autenticità e imprevedibilità sembrano confondersi, collocandole in un limbo tra realtà e finzione, a cui ho potuto credere e, in qualche modo, trarne giovamento.